Velly    Ex libris (n°65)
 
 

Titre                                     Ex libris de Brisis


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N° du catalogue                   DH 0065VG


Année de création              1970


Technique                      Burin et eau forte sur cuivre


Mesures de la matrice      78 x 95 mm


Nombre d'états              1


Tirage                              inconnu


Remarques                      cuivre: collection Conte et Contesse de Brisis


Bibliographie                     Bodart, n°59, 1980.  

                                           Appella, n°57, 2002.

Ex Libris de Brisis        1970        n°65   (B.59)


ODI DI ORAZIO: LIBRO II



   Eheu fugaces, Postume, Postume,

    labuntur anni nec pietas moram

    rugis et instanti senectae

    adferet indomitaeque morti,

5  non, si trecenis quotquot eunt dies,

    amice, places inlacrimabilem

    Plutona tauris, qui ter amplum

    Geryonen Tityonque tristi

    compescit unda, scilicet omnibus

10  quicumque terrae munere vescimur

    enaviganda, sive reges

    sive inopes erimus coloni.

    Frustra cruento Marte carebimus

    fractisque rauci fluctibus Hadriae,

15  frustra per autumnos nocentem

    corporibus metuemus Austrum:

    visendus ater flumine languido

    Cocytos errans et Danai genus

    infame damnatusque longi

20  Sisyphus Aeolides laboris.

   Linquenda tellus et domus et placens

    uxor, neque harum quas colis arborum

    te praeter invisas cupressos

    ulla breuem dominum sequetur;

25  absumet heres Caecuba dignior

    servata centum clavibus et mero

    tinguet pavimentum superbo,

    pontificum potiore cenis. 



Ahimé fuggiaschi, Postumo, Postumo,

scivolano via gli anni, né un animo

devoto potrà ritardare l'incalzante

vecchiaia, le rughe, l'inesorabile morte,

neanche se tu voglia, amico, ogni giorno

che passa, placare con trecento tori

lo spietato Plutone che rinserra il vasto

Gerione dai tre corpi e Tizio nella triste

onda su cui tutti noi che nutre

il raccolto della terra dovremo

senza scampo navigare, sia se saremo re,

o poveri coloni.

Invano ci asterremo dal sanguinoso Marte

e dai flutti infranti del rauco Adriatico,

invano in autunno fuggiremo timorosi

l'Austro che nuoce alle membra.

Dovremo vedere il fosco Cocito errante

con torpido flusso, el astirpe maledetta

di Danao, e l'eolio Sisifo

condannato ad un lungo travaglio;

dovremo lasciare la nostra terra, la casa,

l'amata sposa: degli alberi che coltivi,

nessuno, fuorché l'inviso cipresso,

seguirà te, effimero padrone.

Un più degno erede berrà quei vini cecubi

serbati ora con cento chiavi,

e bagnerà il pavimento di vino superbo,

migliore che nelle cene dei pontefici.