Domenico Petrocelli (1924-2011)
Jean-Pierre Velly
Galleria Toni Brechbühl, Grenchen, dicembre 1970.
Nato in Bretagna, presso l’estrema punta «atlantica» d’Europa (il «Finis terrae» dei romani, il «Penne ar bed» della più arcaica lingua celtica), Jean-Pierre Velly è in realtà, e malgrado il suo amore per Roma, intricato alla sua terra da profondissime radici, che legano strettamente il suo universo poetico a quel fertile amalgama di simboli e realtà, di misticismo magico e di coscienza razionale, che è nel respiro stesso della «regione Armoricana». Dove tuttora coesistono, in un duro e splendido paesaggio, i solenni Calvaires delle rappresentazioni sacre e l’enigma dei Dolmen e dei Menhirs, l’acre scontro quotidiano con gli elementi primordiali della natura (l’immagine che sovrasta le tormentate falaises della Pointe du Raz è quella di Notre-Dame des Naufragés) e la memoria di favolose città sommerse, le Troménies e i Pardons della liturgia cattolica e i riti primitivi che si richiamano a rendez-vous des Morts.
Davvero in nessuna regione, come in Bretagna, il carattere essenziale della realtà è di essere fantastica. Nessuna cultura si nutre di un così vivo senso del mistero, che confluisce nella fede di un «mondo secondo» che si sovrappone al visibile e ne prolunga le risonanze, o di una concezione cosmica della vita che sia capace in eguale misura di attribuire sensibilità e strane corrispondenze agli oggetti, alle realtà naturali, alle rocce, ai pesci, alle piante, trasformando l’esistenza in un permanente miracolo.
A questa complessa realtà, densa di significati lirici ed umani che la storia e leggende (quella Epopea bretone che attende ancora di concludersi nella palingenesi della Baie des Trépassés) hanno esaltato a valori di natura religiosa, mistica e simbolica, direttamente si richiama il mondo di Velly. Che non può essere inteso in tutta la fertilità dei suoi temi se si fa astrazione da questo retroterra realistico e metaforico, da questo «passato-presente» che ne costituisce il terreno e la linfa.
Naturale, perciò, che Velly assumesse a materia della propria espressione il campo dell’immaginario e del fantastico, il terreno dei rapporti interdipendenti tra il mondo fisico e un sovrasenso trascolorante e misterioso”.
Biografia di Domenico PETROCELLI
Domenico Petrocelli, nato a Sarconi (Potenza), ha svolto, prima di dedicarsi alla pittura, un'intensa attività giornalistica. Collaboratore, dal 1950 al 1956, della Terza Pagina del Mattino di Napoli, su invito del direttore Giovanni Ansaldo, fu chiamato a far parte della redazione napoletana del Tempo, costituitasi nel 1956, e che ha successivamente diretto.
Dal 1968 è stato chiamato presso la sede centrale del Tempo, a Roma, dove ha svolto molteplici incarichi di carattere prevalentemente culturale. Numerosissime le inchieste giornalistiche da lui condotte, i saggi critico letterari, le note d'arte, i servizi da inviato speciale.
Da sempre appassionato della pittura, ha cominciato a praticarla direttamente da oltre quarant'anni, dapprima in modo sporadico e saltuario (cioè quando era libero dagli impegni giornalistici, o durante le vacanze, sempre riservate alla pittura), poi con sempre più assidua fedeltà, fino a dedicarvisi in modo esclusivo.
Dopo aver preso parte ad alcune mostre collettive al Circolo della Stampa di Napoli, ha tenuto una prima "personale" nel 1975 a Formello (dove vive da più di trent'anni), poi alla Chair Gallery di Roma, quindi una terza rassegna, ampia e antologica, nel 1985, nel suo paese natale. Dopo una successiva esposizione nell'importante Circolo Culturale "La Scaletta" di Matera, ha esposto ancora al "Canovaccio" di Roma, e nel maggio del 1998, nella grande "Sala Jean Pierre Velly" di Formello, su invito della locale Amministrazione Comunale.
Dopo una seconda esposizione a Sarconi, ha tenuto a Formello una nuova personale nel dicembre del 1999, e infine ha esposto nell'agosto del 2003, nella prestigiosa sede del Palazzo Caccia Canali di Sant'Oreste, una rassegna di dipinti tutti dedicati all'incanto del Monte Soratte.
Hanno scritto di lui, fra gli altri, Luigi Compagnone, Carlo Belli, Mauro Masi, Franco Simongini, Berenice, Domenico Dalessandri, Renato Civello, Giuseppe Selvaggi, Raffaello Urbinati, Giovanni Russo, Rocco Falciano e Alessandro Cecchini. Due ampi servizi televisivi gli hanno dedicato Mario Trufelli e Fernando Balestra.
Domenico Petrocelli abitava a Formello, dove lavorava tra molti libri e moltissimi quadri, quelli dipinti da lui stesso e quelli dei numerosi amici, notevolissimi pittori, che egli vanta, da Mauro Masi, il più rappresentato, a Heinrich Steiner, Nazareno Cugurra, Gennaro Borrelli, i grafici materani di Via Sette Dolori, e i compianti Vincenzo Montefusco, Franco Villoresi, Camillo Catelli senior e Jean-Pierre Velly.