Nous poursuivons la publication du catalogue raisonné de l’oeuvre générale. Nous demandons aux propriétaires d’oeuvres (gravures, dessins, aquarelles, huiles...) de l’artiste de prendre contact avec nous pour une insersion gratuite de leurs oeuvres dans l’ouvrage.
La pubblicazione del catalogo ragionato esteso dell’opera va avanti. Chiediamo gentilmente ai proprietari di opere dell’artista (incisioni, disegni, acquerelli e olii) di farsi avanti per l’inserimento delle loro opere a titolo gratuito.
expositions passées
“Les visionnaires” est le titre de l'exposition du Musée Panorama dont le vernissage a eu lieu le 17 mars 2012 à 16h.
Participent à l’exposition les artistes:
Jean-Michel Mathieux Marie
On remercie la Galerie Michèle Broutta pour l’ensemble des prêts fournis, ainsi que la Galerie Alain Margaron (pour Dado et Lunven) et tous les artistes participants.
mostre ultimate
“Les visionnaires” è il titolo della mostra al Museo Panorama di cui la vernice si è svolta il 17 marzo 2012 alle ore 16.
Gli artisti scelti sono:
Jean-Michel Mathieux Marie
Si ringrazia la Galerie Michèle Broutta per il prestito di moltissime opere nonché la Galerie Alain Margaron (per Dado e Lunven) e tutti gli artisti presenti e non.
mostra dedicata all’artista
(Istituto Centrale per la Grafica)
23 marzo - 15 maggio 2016
L’ombra e la luce
incisioni, disegni, dipinti di Jean-Pierre Velly
organizzata dall’Accademia delle Belle Arti di Roma, con la collaborazione dell’Istituto Centrale per la grafica
I comitato scientifico è composto da Tiziana d’Acchille,
Pierluigi Berto, Marco Nocca, Ginevra Mariani,
Catherine Velly, Pierre Higonnet
leggere i contributi di
La mostra dedicata a Jean-Pierre Velly, artista bretone prematuramente scomparso, vincitore nel 1966 del Prix de Rome per l’incisione, protégé di Balthus a Villa Medici (1967-1970), vuole indagare, a 25 anni dalla morte, la sua produzione artistica, e reinserire questa figura al posto che le compete nel circolo dei grandi maestri contemporanei. Ora che le tempeste delle polemiche novecentesche sul binomio avanguardia/tradizione si sono placate, ed è possibile accostarsi con maggiore serenità a quei protagonisti che hanno continuato imperterriti il loro lavoro sulle strade, allora secondarie, dell’arte figurativa intesa come prevalere della forma, incentrata su tecnica e disegno, è sorprendente costatare la ricchezza dei paesaggi nascosti che si rivelano. Questo vale tanto più per Velly, gran disegnatore sin dagli esordi, che intraprende la carriera di incisore, un mestiere di esiti e risultati “difficili”, e produce gran parte delle sue lastre negli anni Settanta. Una scelta totalmente in controtendenza, fatta in tempi ingrati, in cui gli artisti cultori del disegno e della forma venivano segnati a dito ed irrisi. “A lungo mi sono costretto a questa ascesi, rifiutando ogni artificio”, dice Velly. Per lui la lastra di rame è metodo e destino: soltanto nei neri profondi, assoluti dell’incisione egli ritrova la notte eterna dell’ universo, rintracciandovi il bianco e la luce con stupore, come “sottratti” al buio: “La luce che odi ti viene dal nero che ti manca” (Bestiaire perdu, 1980). L’incisione è il più “povero” dei linguaggi, ottenuto da un sacrificio: quello di votarsi alla dinamica estetica assoluta del bianco e del nero, accettando come un cavaliere antico di poter lottare soltanto con un’arma, una punta (il bulino) che scivola sulla superficie di una lastra e, come per magia, dà luogo ad una linea (curva, spezzata, discontinua, continua). Risultato alchemico di un progetto dell’artista che include variabili non tutte controllabili (il processo chimico dell’acido che morde la lastra approfondendo i solchi, la quantità d’inchiostro inglobata, la pressione del torchio con cui la lastra viene impressa sul foglio), una tavola a stampa si pone a chi la guarda con un tempo “altro”, rispetto alle modalità prevalenti del contemporaneo, fugace consumo dell’immagine mediatica. Velly accetta la sfida, e le sue prime prove a bulino in mostra portano le stimmate della grande tradizione degli incisori nordici (egli ammira Dürer, naturalmente, e Schongauer, Rembrandt, Seghers, e Bresdin). La Clef des Songes (Prix de Rome 1966), tavola realizzata da Velly come recluso per più mesi, splendido lavoro a bulino esposto, è la prima consacrazione di questo suo talento, rivelando cosa l’artista intenda per ascèsi nel suo lavoro: un esercizio dello spirito teso alla perfezione interiore. Anche il riferimento stilistico richiama la grande tradizione italiana del Rinascimento, con la figura di donna allungata, che guarda a Pontormo. Rimasto in Italia, e trasferitosi nella campagna romana, a Formello, l’artista scopre la tecnica della punta d’argento, suo omaggio ai maestri del Rinascimento, eseguendo ritratti di sua moglie Rosa, del figliolo Arthur, delle persone del borgo (qui tutti esposti). A Roma nel frattempo Velly trova l’amicizia e la stima di Giuliano de Marsanich, un gallerista-umanista che lo protegge, e gli permette di lavorare secondo i suoi ritmi. Nella galleria Don Chisciotte di quest’ultimo presenta nel 1978 con acquerelli e disegni (larga selezione qui presente), le sue prime prove di pittura: Velly per Corbière, mostra-omaggio al poeta maledetto bretone Tristan Corbière (1845-1875) sul tema della morte vista come cambiamento di stato, cui fa seguito nel 1980 Bestiaire Perdu, presentato da Moravia e Leymarie: splendida serie di “ritratti” su carta, di animali odiati dall'uomo (topi, insetti, civette, rane), pure ampiamente documentata. Nel 1980 Mario Praz introduce il catalogo ragionato delle incisioni di Velly, compilato da Didier Bodart e pubblicato da Scheiwiller: in quest’ultimo decennio della sua vita (morirà per un incidente nautico sul lago di Bracciano nel 1990) Velly si dedica maggiormente al disegno, all'acquerello e offre le sue magistrali prove nella pittura ad olio (con soggetti floreali, alberi, paesaggi, ritratti e nudi), di cui moltissime in mostra. La sua opera guadagna l’apprezzamento della critica più qualificata (Sciascia, Moravia, Leymarie, Soavi, Tassi, Sgarbi) entrando in collezioni prestigiose (Barilla, Olivetti, Olcese, Kezich, Claude Bernard, Mariani, Violati). Nel 1993, tre anni dopo la sua morte improvvisa, Jean-Marie Drot cura a Villa Medici per l’Accademia di Francia la prima grande antologica dell’artista (catalogo Fratelli Palombi), seguita nel decennio da mostre a Roma (Galleria Don Chisciotte), Brescia (Galleria dell'Incisione), Firenze (Fondazione Il Bisonte). L’opera incisoria al completo di Jean-Pierre Velly viene esposta per la prima volta al Museo MARQ di Clermont-Ferrand (2003). E’ del 2009 l’ultima ampia antologica dell’artista bretone, ricca di 160 opere, svoltasi presso il Museo Panorama di Bad Frankenhausen, con corposo catalogo. Tenendo ben ferma di fronte a sé la poetica dell’artista, Pier Luigi Berto, Docente di Disegno presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, validamente affiancato da Ginevra Mariani (Istituto Nazionale per la Grafica) e Marco Nocca (Accademia di Belle Arti, Roma) riunisce in questa mostra a Palazzo Poli (Istituto Nazionale per la Grafica di Roma), la complessa vicenda poetica del maestro Velly. “L’opera al Nero” del titolo allude a un volume dedicato da Marguerite Yourcenar a Zenone, alchimista del Rinascimento, ed è metafora dei tre stadi in cui è ordinato il nucleo espositivo della mostra. In alchimia, nel primo stadio della trasformazione della materia quest’ultima si dissolve, putrefacendosi. Per Jean-Pierre Velly questo del dissolvimento (“la vita è una storia meravigliosa che finisce terribilmente male”) è un tema presente sin dai primordi del suo percorso: nel nero dell’incisione egli spera di scoprire la sostanza del buio universale, e si stupisce di ritrovare nel segno quelle stesse forze occulte della natura, che possono essere sottomesse attraverso la creazione artistica, approdando in lui all’incanto della poesia. In questa prima sezione, Nigredo sono esposti 68 fogli: le magnifiche visioni rimandate dall’opera incisoria. Nell’ Albedo , o opera al bianco, in alchimia la sostanza si purifica, sublimandosi. Il disegno riveste per Velly la medesima funzione, si rivolge all’universo mondo senza gerarchie, purifica nella forma un volto di donna o un insetto con la stessa inesauribile passione: “Quando ho una matita in mano voglio disegnare, riprendere la cosa più anonima che ci sia”. L‘omonima sezione ospita, tra le 48 selezionate, le sue prove più alte, le splendide punte d’argento, i bellissimi Autoritratti a matita , in cui il volto di Velly, scavato e tormentato, è l’immagine di un profeta, o di un poeta maledetto dell’800. Rubedo o opera al rosso, in alchimia rappresenta lo stadio in cui la materia si ricompone, fissandosi. Allo stesso modo la pittura per Jean-Pierre Velly rappresenta un approdo della sua opera incisoria e disegnativa, ricompone la maniera fine, da orafo, con cui impreziosiva le prove grafiche nella maniera larga del pittore. Anche le sue visioni si rasserenano, e nell’opera fa il suo ingresso il colore: “Con i colori mi piace poter raccontare che nulla è grave, che un giorno morirò ma l’umanità continuerà”. Nell’ultima sezione, dedicata alle 45 splendide prove pittoriche (di sicuro impatto per il pubblico i bellissimi acquerelli che traggono spunto da soggetti floreali) si stempera visivamente l’ affascinante mistero nero di Velly, e si “schiarisce” meglio anche il suo percorso: la vera bellezza non sta nel nulla, ma è da lui raccolta “sul punto di finire”. Se tutto ciò che è vivo è soggetto ad un destino ineluttabile, allora compito dell’artista sarà di cogliere quella bellezza prima che si estingua, nel punto in cui si concentra tutta la forza della vita e si raccolgono le energie estreme. Jean-Pierre Velly, nella sua opera pittorica, ci consegna questa suprema verità: l’arte, sfidando il tempo, è l’ultimo grido della vita.
pubblicazione di un catalogo della mostra
L’ombre et la lumière.
Jean-Pierre Velly
Rome, Istituto Centrale per la Grafica, Palazzo Poli
22 mars - 15 mai 2016
Commissaires : Pierluigi Berto, Ginevra Mariani et Marco Nocca
Plus de 20 ans après l’exposition monographique de la Villa Médicis (1993), l’Académie des Beaux-Arts de Rome (Accademia di Belle Arti di Roma) et l’Institut National des arts graphiques (Istituto Centrale per la Grafica) annoncent l’exposition Jean-Pierre Velly, L’ombre et la lumière au Palazzo Poli, Fontaine de Trevi.
Vingt-cinq ans après la mort tragique de Velly, les deux institutions visent à réintégrer au panthéon des grands artistes contemporains le travail et la figure du maître breton. L'exposition propose un parcours au cœur de l'œuvre poétique de Velly à travers une trame alchimique inspirée de L’Oeuvre au noir de Marguerite Yourcenar. La première salle, Nigredo, fait allusion à l’étape de la transformation de la matière : l’exposition incite le visiteur au processus alchimique et l’accueille avec un mur dédié aux célèbres autoportraits. Le processus créatif de l’artiste se dévoile à travers dessins préparatoires et d’épreuves inédites: de la “nuit éternelle de l’univers” ses visions stupéfiantes de blanc et de lumière émergent ayant vaincue l’obscurité.
La deuxième salle, Albedo, fait référence à la purification de la matière; elle accueille aquarelles et dessins à la pointe d’argent, technique des maîtres de la Renaissance.
La troisième salle, Rubedo, est consacrée à la peinture. Telle est pour l’artiste le rassurant parachèvement de son travail: “Par la couleur, je tiens à dire à tout le monde que rien n’est grave, qu'un jour je vais mourir, mais que l'humanité continuera.” Le fascinant mystère de Velly se révèle visuellement dans de magnifiques aquarelles florales qui précisent d’autant plus les ambitions de son art.
L’exposition Jean-Pierre Velly fait relais tout naturellement la grande exposition Balthus, en cours, à la Villa Médicis et aux Ecuries du Quirinal. Velly confiait en effet à J.M. Drot: “quand je vois un tableau de Balthus je me dis qu’ici, il n’y a ni mensonge, ni tromperie.”
Le catalogue de l’exposition contient une introduction de Tiziana D’Acchille, Directrice de l’Académie des Beaux-Arts de Rome, et de Maria Antonella Fusco, Directrice de l'Institut National des arts graphiques. Outre les contributions des commissaires d’exposition, le catalogue comporte également des textes signés Marco Di Capua, Pierre Higonnet, Vinicio Prizia, Gabriele Simongini et de Catherine Velly, la fille de l'artiste.
facade du Palais Poli sur la Fontaine de Trevi, Rome (photo PH 2016)